11 maggio 2007

Post-pulman

Quando ho detto che un pulman mi stava aspettando non credevo di scomparire dieci giorni nella giungla..
Ed invece siamo stati trasportati in un mondo parallelo, dove l`elettricita` e` una parola che fa ridere e dove esiste solo la sussistenza, a momenti nenache il baratto. Non esistono affitti, non esistono rendite: se per caso hai `troppa' terra e non hai i soldi per coltivarla, la regali a qualcun`altro.
Quattro ore a sud di Udaipur (sud del rajasthan), in mezzo alle montagne, lungo la scalanatura di un fiume in secca. Dormivamo in un paesino, sveglia alle cinque in punto, in jeep alle sei meno un quarto, trenta minuti di strada sterrata, poi trenta minuti di cammino.. poi interviste senza fine (per gli intenditori: Chambers sarebbe stato quasi fiero di noi..).
Non so da dove cominciare per descivere, mi sembrano passati secoli da quel 22 di Aprile che mi ha vista partire, secoli dalle ansie e dai mal di pancia dei primi giorni.
Il progetto e` folle, ma fattibile. A Dungaria (il villaggio che abbiamo finito di intervistare ieri) c`erano 120 nuclei familiari. Ognuno con un piccolo appezzamento di terreno arido e pieno di sassi (ci vogliono 24 giorni lavorativi per liberare un campo di tre bigha - circa 1 ettaro e mezzo - dai sassi), ognuno con una famiglia di bambini denutriti alle spalle. Nove, dieci, undici figli per famiglia. Nessuno va a scuola (il maestro del villaggio e` sempre ubriaco e non si presenta in classe, e comunque il villaggio e` cosi` sparso per le montagne che alcune case distano piu` di cinque kilometri dalla scuola), nessuno ha un bagno, una pentola con cui cucinare o un piatto su cui mangiare. Gli alberi, in questa zona, non hanno nomi: si chiamano solo 'l`albero dalle foglie da piatto', 'l`albero dalle foglie per pulirsi il sedere', `l'albero dalle foglie per fare l`alcool` (particolarmente pregiate, ovviamente).
Le donne camminano 26 kilometri (andata e ritorno) verso il villaggio 'vero' (con strada non sterrata) piu` vicino, partendo a mezzanotte e tornando la mattina dopo entro l`ora di pranzo, solo per vendere un fascio di legna per trenta rupie: cinquanta centesimi di euro.
Sono stanca, ma felicissima. Alcuni giorni andavo con gli altri a fare le interviste (annotando i commenti marginali), altri rimanevo nel villaggio base a correggere tutti i questionari,verificando che non vi fossero incongruenze e inesattezze - massacrante, ma favoloso - mi sembrava di infilare il naso nella vita di un mare di facce che pian pianino assumevano un colore, una personalita`.
Ora sono ad Ahmedabad, in Gujarat. Ed ancora una volta e` finito il mio tempo al computer..

La prossima volta provero` a scrivere con un intervallo piu` breve (anche per facilitare le descrizioni, cosi` e` una pura follia).

p.s. Ho imparato a mangiare il mango senza sporcarmi le mani. Sono queste le vere conquiste indiane.

3 commenti:

Piero ha detto...

Fantastico, Vale! Mi piace questo villaggio incontaminato, dove le fantasticherie sulla giungla sono realtà. Ma in che lingua le fai, le interviste? Immagino che ci sia un interprete... Quando torni, ci insegnerai a tutti a mangiare il mango senza sporcarsi le mani. Un abbraccio.

Anonimo ha detto...

uuuhhh io sono un avventuriera
un bacione da tuo brothellino.spero tu abbia tenuto il mio fantastico manoscritto che mi offendo sennò.un bacio
nik

Anonimo ha detto...

L'altrove è uno specchio in negativo. Il viaggiatore riconosce il poco che è suo, scoprendo il molto che non ha avuto e non avrà.