30 novembre 2010

..dalla Moldavia


Ho deciso di ricominciare a scrivere.. e cosi' ecco una prima bozza di pensieri dalla Moldavia.

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In fila all’areoporto, sono l’unica italiana diretta a Chisinau. “Ma cosa ci vieni a fare da noi in Moldavia?” mi chiede una delle donne un poco piu’ spavalda, “di solito siamo solo noi a voler venire da voi”. Loro sono tutte bionde, vestite di nero con giubbotti scintillanti e tacchi – effettivamente non e’ difficile smascherarmi. In fila, di uomini ce ne sono solo due o tre, ma diversi altri ci ronzano attorno: sono i fidanzati italiani di queste valchirie dell’Est, tutti sulla sessantina, muniti di occhiale da sole e pizzetto grigio, non sia mai che qualcuno li riconosca.

Secondo le statistiche ufficiali, alla fine del 2008 i Moldavi iscritti ufficialmente alle liste anagrafiche dei comuni italiani erano quasi 90,000, in crescita esponenziale rispetto al passato. Nel 2001, prima della famosa Bossi-Fini, i Moldavi con permesso di soggiorno erano appena 4,356. Il fenomeno e’ nato alla fine degli anni 90 quando, spinti dalla crisi economica e da un tasso di disoccupazione elevatissimo, migliaia di famiglie sono state costrette a cercare lavoro altrove.

Eppure, nonostante siano passati oltre vent’anni dal “crollo del comunismo”, non e’ che le cose siano cambiate poi tanto. Il tasso di disoccupazione ufficiale in Moldavia e’ oggi del 3.1%, un numero che sembrerebbe basso rispetto ad altri paesi in Europa, ma che nasconde alcune verita’ non-dette. Prima di tutto, nasconde interamente il problema della sotto-occupazione, includendo migliaia di persone che lavorano poco e nulla, a volte considerate occupate semplicemente perche’ possiedono un pezzo di terra (distribuita dopo la fine del comunismo a persone che non avevano i mezzi di produzione per coltivarla, ne’ la facolta’ di arrivare al loro appezzamento, spesso lontano chilometri dalla propria casa). Secondo, il dato viene calcolato in base al numero degli iscritti nelle liste di collocamento, un numero che viene facilmente contenuto. “Ho provato ad iscrivermi piu’ volte, ma dicono che visto che ho piu’ di cinquant’anni lavoro non ne troverei comunque”, mi spiega un vecchio che aveva bisogno dell’iscrizione alla lista di collocamento come condizione per ricevere il suo assegno di assistenza sociale. Terzo, secondo un concetto di ovvieta’ lapalissiana, la percentuale di popolazione attiva senza un lavoro sarebbe estremamente piu’ alta se non ci fosse emigrazione. Secondo dati recenti della Banca Mondiale, il 25% della popolazione attiva del paese vive e lavora all’estero. Le stime dell’Organizzazione Mondiale per la Migrazione mostrano che nel 2007 le remittenze costituivano il 36% del PIL del paese, ponendo la Moldavia assieme al Tajikistan in cima alle classifiche mondiali per la dipendenza da persone che vivono all’estero.

Ma come si spiega tutto questo? Girando per le strade centrali di Chisinau, dove i tacchi delle donne si incastrano costantemente nelle buche del marciapiede, ci sono piu’ “agenzie di viaggio” che alimentari. “Work and travel USA”, “Au-pair Europa”, “Seasonal work in Poland”, “Live-in caregiver Canada” dichiarano i cartelloni coloratissimi. E non c’e’ da sorprendersi se vogliono partire tutti, incluse le classi medio-alte. Nel ministero dove mi trovo a lavorare – dall’imponente nome di Ministero del Lavoro, della Protezione Sociale e della Famiglia – il vice-ministro guadagna poco piu’ di cento euro al mese. Per non parlare degli altri..

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